Laboratori

Quando sopraggiunge una paura o una difficoltà si diventa disponibili a fermarsi e ad attivare un cambiamento. Quando arriva una malattia che compromette e mette a rischio la nostra vita, quello è il momento in cui più di ogni altro si ha voglia di fare sul serio.

Per prendersi cura di sé a volte c’è bisogno di una emergenza, di un’urgenza.

Se riuscissimo a mantenere l’atteggiamento di emergenza e a coglierne il significato, come cambierebbe la qualità della nostra vita? È di questo che ha bisogno lo spirito per creare un movimento, dentro e fuori di noi. Per fare un viaggio serve qualcosa che spinga a partire: una meta, una strada, un sogno.

Quando si hanno progetti, sogni, obiettivi, bisogna farli diventare “un’emergenza” significativa, non si possono rimandare per poi lamentarsi che nella propria vita non cambia nulla. Parlare con il proprio sogno: sarà lui a dirci come arrivare a realizzarlo.

Per attivare il cambiamento e stare meglio con se stessi c’è bisogno di una riorganizzazione della propria vita, della propria settimana sportiva o lavorativa ed è necessario che tutto questo venga fatto con grande spirito di umiltà, di umorismo, di entusiasmo.

Aumentare ciò che è troppo poco, togliere ciò che è troppo.

Scegliere la flessibilità allontanando la rigidità: nel modo di pensare, nel modo di allenarsi. La morbidezza al posto della durezza.

Il fatto che l’idea sia semplice non significa che sia facile da realizzare. Il comprendere tutto a livello razionale può essere un buon punto di partenza, ma difficilmente produrrà un cambiamento duraturo. Nella formazione e soprattutto nei laboratori diventa indispensabile attivare una comprensione diversa da quella razionale, fare esperienza delle idee attraverso il corpo. La pratica è un modo per iniziare a vivere i propri cambiamenti: sperimentare ed esercitare un cambio di prospettiva.

Iniziamo da ora ad osservare la vita.

Bambini e adolescenti

La felicità individuale genera una performance più elevata ed è una pre-condizione del successo. Per questo è importante coltivarla sul luogo di allenamento, in particolar modo con i ragazzi.

L’idea di creare dei laboratori per bambini e adolescenti nasce dal fatto che i percorsi che oggi vengono proposti ai ragazzi sono prettamente tecnici, motori, tattici: non vengono parallelamente accompagnati ad una formazione di valori, non gli viene data la possibilità di apprendere competenze diverse, non si insegna loro ad avere fiducia in se stessi, ad essere determinati, concentrati. Tutto è lasciato al caso.

Molti mollano perché non hanno risorse interne sufficienti per far fronte a certe situazioni. L’impedimento è nel corpo perché è lì che vi è racchiusa una memoria, un ricordo che viene a galla, una fantasia che si scatena. E tutto questo non può essere vinto con la forza di volontà, al contrario questo atteggiamento crea un ulteriore resistenza.

I ragazzi si identificano sempre di più con i loro pensieri, non sono più in grado di ascoltare il proprio corpo. Questo significa perdita del proprio centro, equilibrio, potere personale, intuito. Hanno una soglia bassa di concentrazione, non sono in grado di comunicare.

Da un lato sono privi di un linguaggio emozionale, non sono in grado di riconoscere i propri bisogni e di comunicarli, dall’altro guardarsi negli occhi sembra una grande impresa, sono sfuggenti, imparano che quando stanno male la colpa è dell’altro. Per questo si allontanano o si vendicano: nessuno gli ha insegnato che il malessere che avvertono nel corpo si rifà ad una ferita non trasformata. Per loro lo stimolo è la causa del dolore. Questo comporta a non fare la propria parte, a non assumersi la responsabilità di un cambiamento. L’atteggiamento è vittimistico: se cambi tu io sto meglio, questa è l’idea.

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Genitori

Un genitore ha molti ruoli da svolgere: è anche una guida, un allenatore, un maestro. Un genitore è leader e deve dimostrarlo sul campo. Un genitore deve aiutare il figlio a cercare il proprio modello di felicità senza imporgli il suo. Non esiste il figlio ideale, esiste il figlio reale, con i suoi punti di forza che spesso sono ancora latenti, non sviluppati. I genitori cercano di orientare i figli in base a ciò che hanno sperimentato o che conoscono per la maggior parte delle volte, escludendo che forse c’è altro, più in sintonia con la loro essenza.

I genitori spesso sono tenuti a distanza dalle società sportive perché ritenuti causa del disagio del figlio, ma escluderli dal processo evolutivo vuol dire rinunciare fin da subito ad averli come alleati. Bisogna invece responsabilizzarli, dargli degli strumenti per approfondire anche la propria storia individuale.

Questa è la svolta!

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