ACCOGLIERE SE STESSI PER ACCOGLIERE L’ALTRO DENTRO DI NOI
“Tutto ciò che non è simile a noi lo consideriamo privo di senso, tendiamo a disprezzarlo, a criticarlo, a condannarlo inserendo così pregiudizi e antagonismi che portano a separazioni. Nulla ferisce più profondamente dell’incomprensione – diceva Keyserling -, perché essa significa anzitutto la negazione dell’identità dell’altro.”
Le nostre relazioni rappresentano in maniera tangibile quello che si muove dentro di noi, i nostri conflitti e anche la nostra armonia. Per riuscire a stare bene con l’altro è importante essere consapevoli di come stiamo quando stiamo da soli con noi stessi.
Quanto ti piaci? Quanto ti senti soddisfatto della tua vita? Che percezione hai di te?
Costruire una relazione significa prima di tutto riconoscere ciò che vivi dentro di te: saprai accogliere l’altro nella misura in cui accogli te stesso.
E quando sei in conflitto? Cosa accade dentro di te? Dove va la tua attenzione? Quale è la tua percezione dell’altro? Che cosa ti aspetti che faccia o cosa avrebbe dovuto fare di diverso per te?
Sai che normalmente tutto ciò che è troppo, a livello emotivo, viene escluso dal nostro corpo perché difficile da sostenere? Significa che, se stai provando sensazioni corporee e emozioni che sono così forti da farti sentire minacciato, come reazione di difesa tenderai a scappare o ad attaccare colui che pensi sia la causa scatenante di ciò che stai vivendo.
Generalmente invece le persone attribuiscono allo stimolo, sia esso un evento o una persona, la causa del proprio dolore. Lo stimolo non è la causa del malessere ma solo un attivatore di un bisogno non riconosciuto né soddisfatto. Spesso si aggancia ad uno o più eventi nel passato che sono stato intensi e che non sono stati ancora definitivamente superati. Quello che accade nel presente lo richiama per similitudine e la sofferenza si amplifica.
Quando a tuo modo ti sei sentito deriso, umiliato, maltrattato può darsi che tu abbia imparato che l’unico modo per essere visto fosse fare la stessa cosa, ripagare l’altro con la stessa moneta. Questa risposta è sia la manifestazione del tuo disagio sia una grande richiesta nascosta. Ti sei comportato in modo apparentemente distruttivo ma stavi chiedendo all’altro di esercitare nei tuoi confronti un atteggiamento di comprensione e di empatia. L’altro, di fronte alla tua reazione, difficilmente sarà riuscito ad essere comprensivo, perché a sua volta si riteneva ferito.
Quanti dei conflitti che hai sperimentato possono essere riassunti in questo schema? Ti riconosci?
Per disinnescare questo processo occorre portare l’attenzione sulle proprie emozioni e sui propri bisogni. Nel fare questo possiamo includere che anche l’altra persona, per quanto possa sembrarci strano, ha agito cercando, a suo modo, di esprimere i propri bisogni.
I conflitti restano attivi proprio perché ci si accanisce nella fantasia che l’altro avrebbe dovuto o potuto agire diversamente.
Nella relazione c’è spazio per entrambi. È sufficiente che uno dei due, anziché interpretare o giudicare ciò che è accaduto, diventi capace di connettersi interiormente a ciò che sente a un livello più profondo nel corpo e ad esternare le proprie emozioni e i propri bisogni con calma e presenza.
Per riuscire a fare un movimento di apertura verso l’altro, occorre prima di tutto accogliere se stessi con tanto amore.