Sei in ansia o sei nel flusso? Performance sportiva nel qui e ora.
Un numero crescente di atleti, prima o durante la performance sportiva, vive stati di ansia o forme di disagio. Pensieri, fantasie e scenari catastrofici ne sono le cause e l’atleta sperimenta tutto questo anche a livello fisico.
La reazione ordinaria è tentare di esorcizzare queste sensazioni, allontanandosi da esse, nel vano tentativo di stare meglio. Nella realtà questo significa opporre resistenza a ciò che sta accadendo in quel momento nel proprio corpo. Se la precisione del gesto atletico dipende dalla capacità di sentire il corpo, di coordinarlo, dalla corretta visione del gesto, dalla capacità di concentrarsi su ciò che si sta eseguendo, dall’armonia e dall’equilibrio emotivo…come sarà possibile raggiungere la peak performance (NnR la prestazione sportiva in cui l’atleta si esprime al di sopra del proprio standard abituale) se, contemporaneamente, si sta escludendo l’ascolto delle proprie sensazioni fisiche?
Nel 2000 dedicavo le mie energie alla ricerca sull’esperienza di flow, in occasione della redazione della mia tesi di laurea sulla misurazione dell’esperienza ottimale nello sport di alto livello. Secondo Csikszentmihalyi (1975) il flow corrisponde allo stato psicologico che si sviluppa a partire da un completo coinvolgimento delle risorse attentive sull’attività, in condizioni di equilibrio percepito tra difficoltà del compito ed abilità individuali. Più l’atleta riesce a mantenere le condizioni di flow, più tendono ad aumentare le probabilità di manifestazione della peak performance. In pratica questo significa che per raggiungere il massimo della performance sono necessarie: attenzione, concentrazione, presenza a ciò che sta accadendo nel qui e ora, percezione delle proprie risorse, percezione obiettiva delle difficoltà e che tutto questo va mantenuto attivo il più a lungo possibile.
L’ansia è la paura della paura. È uno stato di paura diffuso, generato dalla fantasia che si verifichi un certo scenario (sbagliare il tiro, sbagliare il passaggio, rifare un certo errore, ad esempio) e potenziato da determinati pensieri (non sono in grado, non sono abbastanza…, ogni volta sbaglio il tiro cruciale, e così via).
L’atleta che è nel flusso è anche nel momento presente. L’atleta che è in ansia è in un altro spazio, imprigionato in un futuro ipotetico o in un passato depotenziante. Le scelte che l’atleta farà in campo, il suo modo di giocare, il suo modo di percepire gli eventi e le prestazioni del suo corpo sono condizionati da questo. Nello stato di ansia l’atleta è completamente identificato con quell’emozione.
Le azioni di un atleta sono la conseguenza di come affronta i suoi pensieri, le sue emozioni e le fantasie.
E tu, dove sei quando sei in campo?
—— fine prima parte